INTRODUZIONE


Chi non ha mai aperto un libro sulla seconda guerra mondiale senza meravigliarsi per la presenza di magnifiche foto di eccellente qualità, spesso a colori, delle armate dell’asse? Un grande numero di questi documenti proviene da un’unica fonte: la rivista Signal.

Non è azzardato dire che alcune delle foto simbolo della seconda guerra mondiale sono state realizzate per i servizi apparsi su Signal. Quasi tutti i libri illustrati di settore si sono avvalsi ampiamente del materiale fotografico tratto da questa fonte.

Signal ha continuato a fornire le sue immagini come un archivio sempre disponibile e di facile accesso.

La rivista nasce e si configura come un potente mezzo di propaganda destinata ai paesi occupati o su cui la Germania stava estendendo la propria influenza. L’utilizzazione della propaganda e dell’arma psicologica nelle forze armate non è una novità della seconda guerra mondiale. Durante la guerra del 14-18 sono gli alleati che per primi utilizzano la propaganda in vasta scala, con l’obbiettivo principale di demoralizzare l’esercito e la popolazione tedesca. “In materia di propaganda di guerra”, scriverà più tardi Hitler in Mein Kampf , “il nemico agisce con un’abilità  e calcolo veramente geniali... Limitata ad un piccolo numero di temi, la propaganda, destinata unicamente alla massa, fu inseguita con un'instancabile perseveranza... Apparendo in principio come pazza nell'audacia delle sue pretese, più tardi fu sgradevole e nella parte finale fu cruda...“.

Signal è la visione che il Terzo Reich aveva di sé, ma è anche quella che voleva dare agli altri. Questa è la missione che la Wehrmacht intendeva perseguire con la pubblicazione di Signal, anche se il messaggio trasmesso non sempre è stato coincidente con la linea del Ministero della propaganda di Goebbels. Il concetto è espresso anche dagli autori in lingua tedesca Moll e Rutz, condiviso anche dal francese Saur.

La veste grafica, l’uso della fotografia, il colore, il formato d’impaginazione e il metodo stesso di presentazione dell’argomento sono tutti aspetti che contribuiscono a farne una rivista di larga divulgazione, che riesce ad influenzare i gusti di ampie fasce di lettori, che solo allora cominciavano a conoscere quel tipo di pubblicazioni.

Soprattutto l’uso della fotografia rivoluziona il modo di fare giornalismo. Come afferma Pirangelo Cavanna: “L’uso raffinato ed accorto dell’immagine fotografica è tipico della comunicazione in contesto bellico e assume la forma compiuta proprio nel corso del secondo conflitto mondiale in conseguenza della circolazione di massa dell’informazione, ma pure in questa prospettiva il caso di Signal si rivela particolarmente significativo, in conseguenza della coerenza tra progetto e realizzazione, tra obiettivi della comunicazione e modi linguistici utilizzati” .

La comunicazione si avvale dell’uso “vario ed articolato, narrativamente efficace e pertinente, di differenti modi espressivi, compositivi e tecnici dell'immagine fotografica, sia in relazione al testo (didascalia, corpo dell'articolo) sia in termini d’impaginazione e di strutturazione complessiva di ciascun numero del periodico”.

Per trasmettere l’immagine tedesca della nuova Europa, si gioca sulla “contrapposizione delle coppie di binomi militare-maschile verso civile-femminile, dove alla esaltazione stereotipata dell'eroe soldato corrisponde l'illustrazione, altrettanto stereotipata ed ancor più artificiosamente costruita proprio in termini di immagine, dei ruoli/modello femminili: l'attrice, la ballerina, la studentessa, l'operaia, la ginnasta e così via.”

L’effetto seducente di Signal sulle popolazioni cui era destinata viene esercitato anche mediante l’uso di un linguaggio misurato, privo di riferimenti espliciti all’odio antisemita, che invece permea la propaganda nazionale (come in Der Stümer o il Völkischer Beobachter).

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